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BEPI ZOCOETA - Abitante di San Giorgio e
scopritore dell'antico acquedotto di origine romana
Nel 1903 il maestro Antonio Gardin condusse i primi scavi ritrovando l'acquedotto, al tempo un giovane appassionato vide l'acquedotto, si trattava di Giuseppe Zaninotto (meglio conosciuto dalla cittadinanza come "Bepi Zocoeta").
Negli anni le persone si dimenticarono di questo importante bene nel sottosuolo e Bepi raccontava le sue storie, che ai più apparivano come vere e proprie favole: si parlava pur sempre di un tunnel sotterraneo che nessuno aveva mai visto.
Ma Bepi continuò ad affermarne l'esistenza, il risultato? Era tutt'altro che leggenda!!!
A sinistra nell'immagine "Bepi Zocoeta"; a destra invece Franco Andreetta, al tempo sindaco di San Polo.
Chi era Bepi?
Giuseppe Zaninotto (soprannominato Bepi Zocoeta) nasce a San Giorgio nella notte (ore 2) del 20 marzo 1881 da Luigi Zaninotto e Sonagione Costanza Catterina.
Bepi racconta di avere avuto nella scuola elementare, tra i vari insegnanti, anche il maestro Antonio Gardin, e di avere ripetuto la prima classe per ben sei anni di seguito! "Ero il più piccolo" dice " e le prendevo da tutti, sia dai compagni e dai maestri!". A 12 anni interrompe gli studi e va a lavorare nell'azienda Papadopoli per 40 centesimi al giorno: fa' il cameriere e il cuoco. A volte deve preparare da mangiare per più di 40 persone.
Nel 1898, all'età di 17 anni, emigrò in Germania a Duisburg, lavorò per un'azienda che realizzava l'illuminazione pubblica a gas in tutta la città.
Nel 1902 parte invece per l'Austria dove rimane però per pochi mesi.
Qualche anno dopo si trasferì a Berlino continuando a lavorare nel settore delle opere pubbliche, lavora alla posa in opera di grosse tubazioni per acquedotti, dove a volte bisogna scavare sino a dodici metri di profondità, lavora sei giorni su sette, ma la domenica, dopo essere andato a messa, era solito recarsi nell'Isola dei Musei (Museumsinsel), che si trova al centro del fiume Sprea, nel cuore della città di Berlino. Andava a visitare i musei Egizi, Greci e della Mesopotamia, l'entrata gli costava 2 Marchi.
Nel 1903, a 23 anni, portò alla luce l'antico acquedotto, scavando in un posto ben preciso, dove le viti ed il grano si seccavano, decise allora di scoprirne la causa...
Nel 1908, data la precarietà della situazione in Italia, decise di andarsene negli Stati Uniti in cerca di fortuna, a 28 anni segue le orme del cugino Domenico Cesana, partito circa un mese prima di lui per gli Stati Uniti. Bepi partì dal porto di Genova, si imbarcò sul transatlantico "La Bretagne", battente bandiera francese, che tocca successivamente Napoli e Palermo dirigendosi alla volta di New York, dove giunge dopo 22 giorni di viaggio.
A Cincinnati(Ohio-USA) lavora per due anni consecutivi nelle miniere di carbone. Un lavoro duro e pericoloso. Il carbone viene estratto a 1125 metri d'altezza sopra il livello del mare e trasportato successivamente a valle mediante vagoni trainati da muli. Nei pozzi spesso si verificavano esplosioni di grisù e la morte a volte era così vicina che sembrava persino di sentirne il respiro.
Notizie su "La Bretagne"
Costruita dalla "Compagnie Generale Transatlantique, St. Nazaire, France ultimata nel 1886.
Peso in tonnellate di stazza lorda: 6,756
Lunghezza in metri:155
Larghezza in metri: 15,5
Motore: composto a tripla vite
Velocità di servizio: 17 nodi (31km/h)
Capienza massima passeggeri: 1060 passeggeri(402 di prima classe, 60 di seconda classe, 598 di terza classe)
Canalizzazioni: 2; Piloni: 4
Costruita per la linea francese, nel 1886, chiamata La Bretagne. Esercitava lungo il percorso Le Havre-New York. Venduta alla "Compagnie Sud-Atlantique"(francese) nel 1912 esercitò servizio lungo la linea Francia-Sud America. Rinominata Alesia nel 1919. Demolita in Italia nel 1923.
"Bepi" viene descritto dagli americani che erano soliti tenere un archivio con i caratteri identificativi dei migranti. Tutti sbarcavano ad Ellis Island, un'isola vicino a New York, lì venivano controllati i documenti e lo stato delle persone, si raggiungeva la terraferma tramite dei traghetti dopo essere stati accettati.
Bepi, come si vede dalle sue foto, non era molto alto (1,61m), aveva la carnagione scura di colore marrone, capelli ed occhi neri, di professione faceva il bracciante ed era capace di leggere e scrivere, ed essendo stato in Germania conosceva bene anche il tedesco.
Sappiamo che non era partito da solo, insieme a lui vi erano le seguenti persone:
-Celotti Angelo di San Polo di Piave di anni 31
-Simioni Eugenio di Ormelle di anni 25
-Rui Vito Giacomo di Ormelle di anni 29
-Costariol Luigi di Ormelle di anni 25
-Floriani Luigi di Ormelle di anni 24
Ma sappiamo vi fossero anche: i Fantuzzi, i Cesconetto, gli Urpandi, i Costariol e altri da Ormelle, da San Polo invece gli Ambrosetto, i Cusin e i Bernardi.
Raccontava, il buon Bepi, che un giorno ricevette l'invito alle nozze di un compaesano, che viveva in California, prese il treno ed in 5 giorni di viaggio, attraverso praterie e montagne rocciose, giunse dall'amico, partecipò alla festa di nozze, con la segreta speranza di trovare un lavoro meno pesante e rischioso, ma non trovandolo decise di riprendere il treno e ritornare in West Virginia a fare il minatore.
Bepi a questo punto decide di ritornare in Italia, con la nave "Venezia", giunge a Genova nel 1910.
Il 17 febbraio del 1912 si sposa, a San Polo di Piave, con Giovanna Papa, nata nel 1888; testimoni dell'evento furono Zorzal Angelo e Ongaro Gaudenzio.
Dopo essersi sposato Bepi parte di nuovo per gli Stati Uniti dove arriva il 13 giugno 1913, ma questa volta da solo. Parte da Genova con un transatlantico chiamato prima "Mendoza" poi "Caserta".
In America, alcuni mesi dopo, gli giunge la notizia che è diventato padre di una bella bambina, alla quale era stato imposto il nome di Gemma.
Notizie su "Mendoza"
Costruito da Armstrong, Mitchell & Company, Newcastle, England ultimato nel 1904.
Peso in tonnellate di stazza lorda: 7,028
Lunghezza in metri:128
Larghezza in metri: 15,5
Motore: motori a tripla espansione a doppia vite
Velocità di servizio: 14 nodi (26km/h)
Capienza massima passeggeri: 1630 passeggeri(130 di prima classe, 1500 di terza classe)
Due alberi e un imbuto
Costruito per il Lloyd Italiano,bandiera italiana, nel 1904 e nominato Maritzburg. Lanciato per la Bucknall Steamship Company, prestava servizio per la bandiera britannica. Completato e trasferito nel 1904 e ribattezzato per gli italiani Mendoza. Prima esercitava la rotta Italia-America del Sud, poi Italia-New York. Ribatezzata Caserta nel 1913. Venduto a "La Veloce Line" nel 1923 e venne rinominato Venezuela.
Demolito nel 1928.
Torna a Cincinnati (Ohio-USA), chiedendo aiuto al cugino Domenico Cesana.
Sappiamo che aveva 32 anni e non faceva più il bracciante, ma bensì il cuoco, conosciamo l'indirizzo dove abitava il cugino:
560 Wert Siscth 6th Cincinnati Ohio USA.
Un anno e mezzo più tardi, il 29 ottobre 1914, ritorna in Italia (con la nave Cesare Augusto) con un bel gruzzolo: 400 lire. Un capitale. In seguito allo scoppio della prima guerra mondiale, rientrato in Italia, fu spedito in prima linea, fatto prigioniero, finì in un campo di prigionia in territorio ungherese, al termine della guerra fu liberato e potè finalmente tornare in Italia.
Sistema la casa. Ha un'altra bambina: Noemi. Riprende a lavorare nell'Azienda Papadopoli.
Tra la prima e la seconda guerra mondiale va a trovare il fratello a San Nicolas, nella terra del Fuoco, in Argentina.
Il periodo della vita avventuriero è finito. Da questo momento in poi vive una vita tranquilla: niente più viaggi all'estero. I suoi confini diventano ora quelli limitrofi.
Bepi muore nel 1978, a 97 anni, ma la sua leggenda è rimasta.
IL RITROVAMENTO
La storia di Bepi e del ritrovamento dell'acquedotto comincia in una normalissima mattina d'estate del 1967, dunque aveva 87 anni, quando alle sette di mattina si presentò a casa di Franco Andreetta, al tempo sindaco di San Polo di Piave, e gli consegnò su un pezzo di cartone ritagliato da una scatola di detersivo il disegno dell'acquedotto, come lo aveva visto nel 1903.
Ebbene dopo 64 anni Bepi Zocoeta si ricordava esattamente tutti i dettagli e le misure dell'acquedotto, come conferma il cartoncino che è stato conservato da Franco Andreetta.
Fino ad allora tutti lo avevano preso in giro, senza credere alle sue parole che raccontava puntuali ad ogni festa di San Martino.
La coincidenza ha voluto che Franco Andreetta avesse come collega di lavoro Lorenzo Piacentini di Udine, nipote del cav. Gaetano Rossi.
Il cav. Rossi verso il 1930 aveva redatto delle tavole, con una ipotesi di centuriazione romana a San Giorgio, in queste tavole era indicato anche l'acquedotto.
Nel 1972 Franco Andreetta si recò a casa del collega di lavoro, che conservava ancora il prezioso materiale.
E fu così che la leggenda si stava preparando a divenire realtà...
Nel 1973 vennero effettuati gli scavi da un gruppo di giovani di San Polo, che al terzo tentativo trovarono il tanto cercato acquedotto, gli scavi proseguirono poi dal Gruppo Archeologico Opitergino.
Bepi aveva riportato alla luce, anche della conoscenza, il prezioso acquedotto.
Riporto di seguito l'articolo pubblicato il 16 aprile del 1974 nel settimanale "Veneto 7 giorni":
"SAN POLO
E VENNE ALLA LUCE L'ACQUEDOTTO
Le pale ed i picconi dei giovani archeologi di San Polo di Piave mettono alla luce, a circa 10 cm di profondità, <<qualcosa>>: si prosegue alacremente nello scavo ed ecco affiorare i resti dell'acquedotto romano che da qualche tempo si stava cercando. E' un nuovo piccolo trionfo per il paese tutto.
Ancora una volta l'idea era partita dal giovane sindaco Franco Andreetta che aveva avuto fra le mani per caso appunti e mappe su zone di interesse archeologico, opera di un appassionato benemerito studioso locale, il ca. Gaetano Rossi, il quale aveva tracciato con cura soprattutto lo sviluppo di un'importante opera romana, un tombotto che attingeva l'acqua dal fiume Lia. Egli aveva anche avviato degli scavi dei quali si è ricordato il lucidissimo signor Zaninotto, di 93 anni. Avuto sentore della cosa, si è presentato dal sindaco con un disegno molto preciso della sezione dell'acquedotto ed ha indicato con sicurezza la zona da scavare.
A questo punto scattavano i lavori a San Polo, a distanza di pochi mesi dalla mobilitazione generale per salvare la chiesetta di San Giorgio ed i suoi preziosi affreschi, era di nuovo in fermento. Tutti solidali, e pronti a collaborare con i giovani che concretamente scavavano, diretti dai responsabili del gruppo archeologico opitergino. E le scoperte dovevano venire a catena.
Si intraprende un primo scavo nell'area della chiesa, seguendo la testimonianza del cav. Rossi che vuole l'acquedotto partente dalla cappella in direzione della <<prima casa dell'abitato del paese>>, la casa Zaninotto.
Non si trovano indicazioni utili a confermare la presenza dell'opera romana, ma le ricerche vengono assai bene compensate dal ritrovamento, presso il muro ovest della sacrestia, di un tomba romana. Una buca rettangolare delimitata da pezzi di mattoni e ciottoli a secco conserva un sesquipedale romano che aveva la funzione di sorreggere come un cuscino la testa della persona sepolta. A vari livelli vengono trovati ancora pezzi di embrici (specie di tegole), molti chiodi, ossa ed un anellino, molto semplice, in rame, leggermente lavorato.
Ora un buon tratto di tombotto romano ha già rivisto la luce. L'arch. Mario Padovan ed il segretario del Gruppo archeologico opitergino seguono con cura e collaborano attivamente agli scavi, aspettando di giorno in giorno di trovare nuovo interessante materiale che faccia luce sugli interrogativi che l'acquedotto ancora propone. L'opera romana è grandiosa, possente. La costruzione consta di un arco ben levigato esternamente e fatto di sasso e calce viva. Sembra però che una furia devastatrice si sia accanita sull'opera, i cui massicci blocchi spezzati rimangono pur sempre allineati verso la chiesa di San Giorgio.
Gli studiosi si chiedono se l'uomo o una forza naturale (probabilmente un terremoto) sia responsabile della distruzione. Forse si potrà risolvere l'interrogativo quando si troveranno le spalle ed il pavimento dell'acquedotto in mattoni, che, secondo la testimonianza del signor Zaninotto, sarebbero stati in parte trafugati per la costruzione di case.
Anche la datazione presenta difficoltà e si potrà individuare in periodo certo di costruzione solo quando, e l'arch. Padovan spera assai presto, si troveranno dei materiali di raffronto."
Come accennato lo storico cimelio venne alla luce quasi per caso. Bepi si era infatti accorto che le viti ed il grano, in un posto ben preciso, si seccavano. Inoltre aveva notato che l'acqua spariva, in quel tratto di terreno, con notevole rapidità. Decise allora di scoprire la causa di tutto ciò. Si mise a scavare di buona lena. A soli 40 centimetri di profondità scoprì un muretto costruito di pietre e di calce immerso in una argilla giallastra compatta e vischiosa che gli intralciava il lavoro perchè si attaccava tenacemente alla pala.
Andò avanti per un paio di settimane durante le quali smontò una decina di metri di acquedotto, il cui fondo scoprì essere composto da due strati sovrapposti di mattoni sesquipedali.
La notizia del ritrovamento giunse però anche all'orecchio del cav. Gaetano Rossi, studioso di archeologia, che stava raccogliendo, oramai da parecchio tempo, reperti e notizie di rinvenimenti di oggetti d'epoca romana. Al cav. Rossi interessavano in particolar modo i mattoni cotti sui quali c'erano delle scritte o dei numeri. Questo perchè le "fabbriche" di laterizi allora usavano marcare con un segno particolare la propria produzione. Ed ogni fornace ne aveva uno.
Non solo il cav. Rossi, ma anche il suo vecchio maestro di scuola Antonio Gardin andò a dare un'occhiata, pure lui appassionato archeologo.
Bepi però non si accontentò solo di vedere il tratto di acquedotto che aveva sul suo terreno. La curiosità lo spinse a fare degli assaggi, tre per la precisione, disposti in linea retta con il primo ritrovamento, più avanti, verso la Chiesetta di San Giorgio.
La sua idea, che cioè l'acquedotto o quello che diavolo fosse, "camminasse" in linea retta fu suffragata dal ritrovamento, in punti diversi, man mano avvicinatisi alla Chiesa, della schiena del manufatto, sempre composta da pietre e calce.
Trovò anche una moneta di rame o di bronzo durante la demolizione di quel tratto di acquedotto. Su una parte c'era la scritta "PIUS" e s'intravvedeva una testa. Dall'altra parte era troppo consunta per poter vedere qualcosa. La forma era quasi ovale, forse a causa dei secoli durante i quali era rimasta sepolta sotto terra. Bisogna aggiungere che un'identica moneta fu fortuitamente trovata da sua madre.
Egli vendette la sua moneta, non senza dispiacere, al cav. Antonio Benetti di Oderzo, che gli diede ben 50 lire di allora. Per capire quale capitale rappresentassero basti pensare che un sacco di mais da un quintale costava allora 7 lire.
Alcune possibili interpretazioni per concludere la storia del mitico Bepi...
1) Bepi e il giocatore di calcio
A San Polo giocava la squadra di calcio, dopo la partita entrarono tutti a bere al bar "da Stefani", dove vi era anche Bepi, ormai con i capelli bianchi, gobbo, vestito con un cappello e una giacca.
Un giocatore della squadra ospite, alzandogli il cappello e guardando i bianchi capelli, gli disse in dialetto veneto: " Nono! Vàrda che l'à nevegà in montagna!" (Nonno! Guarda che ha nevicato in montagna!)
E Bepi alludendo alla protuberanza che aveva sulla nuca rispose: "Màl pàr chi l'à e patate da cavàr!" (Male! Per chi ha le patate da raccogliere!)
2) Bepi e i barbagigi
Bepi, che per molto tempo aveva vissuto in America, si mise a fare il falegname e a quel tempo i suoi lavori erano spesso barattati con generi alimentari. Aveva barattato delle noccioline americane con un lavoro, chiamate anche Arachidi, più conosciute in dialetto come Bagigi o Barbagigi. Ebbene, Bepi ne regalava a tutti i bambini, che le guardavano bene prima di mangiarle, perchè Bepi diceva loro che quelle noccioline arrivavano dalla lontana America!
3) Bepi e le persone
Bepi era abituato a stare seduto vicino ad un vecchio tronco di un albero tagliato. Guardava le persone che entravano nella via sapeva già prima se si sarebbero fermate o meno a dargli un saluto. Mentre leggeva il giornale, era solito girarlo al rovescio, mettendo in notevole imbarazzo le persone che aveva di fronte che vedendolo seduto con gli occhiali a tentare di leggere, non potevano ridere ed alcune volte avevano il timore di fargli notare che il giornale era al rovescio. Con questo metodo Bepi studiava le persone, capendo molto della loro personalità.
4) Bepi fa' da guida
Bepi a 93 anni ricordava ancora discretamente frasi e filastrocche sia in tedesco, che in inglese. Nel maggio 1974, arrivarono a San Giorgio dei visitatori tedeschi, Bepi fece loro da guida illustrando gli scavi.
Ad un certo momento si rivolse alla signora tedesca chiedendo in inglese: "Do you like me?" (Ti piaccio?)
La sig.ra rispose: "Yes, of course." (Si, certamente.)
e il furbo Bepi, a 93 anni, replicò: "Then give me ten dollars!" (Bene, dopo mi darai dieci dollari!)